Le mie maschere

Un po' di storia

Alla fine del 2003, dopo tre anni trascorsi tra Roma e Milano, impegnato in rappresentazioni teatrali, rientrai nella mia città Natale. Un' amica della periferia sud di Torino mi accolse nel suo appartamento ed io deposi, dopo un costante peregrinare, la mia valigia, e unica compagna di viaggio, in un armadio. Dopo aver trascorso alcuni giorni nel cercare di ristabilire un personale orientamento nella città, mi ritrovai seduto in un caffè del centro con una tazza di tè fumante tra le mani a riflettere sulle prospettive di lavoro. Non mi preoccupai di inviare curriculum, o scrivere progetti o ancora, organizzare attività teatrali, ma andai a frugare nella memoria, a scandagliare dentro di me, in cerca di una traccia che mi potesse indirizzare verso una sincera passione per una qualche forma teatrale.

Rientrato a casa dell'amica, mi infilai nella camera che mi aveva affidato; la osservai e vedi nient'altro che un grande tavolo nero posizionato al centro, che poggiava su due cavalletti. Il letto e i due armadi, in quell'istante, erano solo un contorno pallido e sfumato. Quel tavolo, così lavorato, mi suggerì ciò che stavo cercando, riportandomi indietro di alcuni anni; alla mia formazione teatrale, ad un momento preciso in cui, in uno scantinato, mi trovai a conferire, per la prima volta, una forma ai mie pensieri, modellando dell'argilla e dando vita ad una maschera con tratti morfologici non ben definibili. Infatti stavo realizzando la mia prima maschera Larvale in cartapesta, con profilo Naif.

“Ecco” mi dissi “da domani costruirò maschere”. Quattro mesi dopo, diedi alla luce ben 5 esemplari, che mi sono costati una sorta di interdizione alle mie relazioni con il mondo esterno. Eppure non avevo creato dei marziani, ma semplicemente un' intera serie di maschere, con forme ingenue appena abbozzate, che prendono vita unicamente attraverso il linguaggio del corpo. Questi esemplari muti, di colore bianco, che ricoprivano l'intero viso, rispecchiavano molto le maschere progettate e realizzate da Jacques Lecoq (regista, attore teatrale, mimo e pedagogo francese) negli anni sessanta, dopo essersi ispirato alle maschere del carnevale di Basilea.

Le mie Larvali creazioni, dopo alcune presentazioni informali, avvenute tra le pareti domestiche, cominciarono timidamente a debuttare in società. Si esibirono e presero vita ufficialmente, per la prima volta, all'interno di progetti sull'educazione alla salute fisica e mentale rivolti alla terza età, progetti multimediali indirizzati a minori stranieri che frequentavano la strada o minori stranieri condannati ad una pena detentiva. Solo successivamente le maschere entrarono a far parte del grande mondo teatrale.

Questi meravigliosi manufatti, che continuo a realizzare, creando prima la forma in argilla e successivamente gli strati di carta, proseguono il loro cammino all'interno di molteplici contesti ma hanno abbandonato il tratto Naif, guadagnato quello Espressivo e conservato la solita traccia Larvale. Queste nuove maschere, che possiamo definire, appunto, Larvali/Espressive, hanno vissuto una vera e propria metamorfosi, anche, sulla qualità di fattura. Il cambiamento è avvenuto nel corso del tempo esplorando differenti metodi di costruzione, materiali, forme, dimensioni, colori, consistenza, compattezza, stili e categorie. Queste nuove creature, sempre silenziose, al confine tra larva e carattere, racchiudono un potenziale espressivo sconfinato.

 

Oggi, rispetto al passato, a quel giorno nel quale deposi la mia valigia/casa nell'armadio, l'obiettivo che mi prefiggo attraverso la costruzione e l'utilizzo delle maschere è sicuramente meno performativo e più rivolto alla PERSONA, proprio come il termine latino che in origine indicava la maschera teatrale: persona. Per-sona: suona-attraverso. Lo strumento attraverso cui risuona la voce dell'attore.

 

La mia ricerca è in continuo movimento, la maschera che ho realizzato oggi mi permette, soltanto, di progettarne una nuova domani, per affidarla ad un corpo che ancora non conosco.